I Moti Insurrezionali del 22 marzo 1848 – Lettura dei fatti a cura del lagunare Dott. Cendon

L’insurrezione del 22 marzo 1848 a Mestre

E’ trascorso oltre un secolo e mezzo dai moti insurrezionali del 1848. Sembra una data ormai lontana e da consegnare agli studiosi, in realtà il loro ricordo costituisce ancora un richiamo ai valori della nostra identità.

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Pochi uomini appartenenti a diversi ceti sociali ( farmacisti, preti, ingegneri, ufficiali e semplici soldati, cittadini dei quali non è noto nemmeno il nome) seppero dare un coraggioso esempio, condiviso da tutta la comunità della Mestre di allora, autonoma ma al tempo stesso in sintonia con gli avvenimenti della vicina Venezia e di altre parti d’Italia.

Il termine più frequente che ricorre nelle relazioni composte nell’immediatezza degli eventi del 1848 è cittadini: parola molto semplice che nella sua più alta accezione indica compendio di civiltà che si manifesta anche nel grato ricordo di coloro i quali diedero la propria vita e che per questa ragione non devono essere dimenticati.

L’ Associazione Lagunari Truppe Anfibie ( A.L.T.A. ) – che già nel 1994 ha curato il restauro della pietra tombale di Alessandro Poerio – per mezzo della sezione di Mestre, in collaborazione con il Comitato per la Salvaguardia del Museo Storico Militare di Forte Marghera ed il Comitato di Coordinamento e d’Intesa tra le Associazioni Combattentistiche d’Arma di Mestre, ha promosso la commemorazione dei caduti dell’insurrezione del 22 marzo 1848 a Mestre al fine di fornire un proprio contributo in tal senso.

Ripercorriamo la storia di quella giornata attraverso una breve narrazione degli eventi che l’hanno caratterizzata.

Alle ore 16.00 del 22 marzo 1848, giungeva a Mestre l’ing. Osvaldo Collalto recando la notizia della presa dell’Arsenale di Venezia da parte degli insorti guidati da Daniele Manin.

Alle ore 16.30 dello stesso giorno alcuni patrioti mestrini catturavano un cavalleggero asburgico che stava portando al comando di Forte Marghera l’ordine di acquartierare due compagnie del 47° Reggimento, di stanza a Venezia, per presidiare il forte stesso.

Uno dei patrioti, Federico D’Antiga, espose il progetto di occupare Forte Marghera al fine di impedirne la presa di possesso da parte delle truppe asburgiche in arrivo da Venezia il cui Comando ancora non si era arreso al governo provvisorio veneziano.

 

Alle ore 17.30, su esortazione di don Luigi Peron, gli insorti si avviarono verso Forte Marghera, trovando sollevato il ponte levatoio collocato davanti all’ingresso principale. Con un colpo di mano di carattere anfibio, diremo ai giorni nostri, attraversarono il fossato che nei pressi del cosiddetto ridotto di Campalto, delimitava il forte stesso e penetrarono al suo interno molto vicino alla caserma principale.

In quel momento stavano giungendo da Venezia tre imbarcazioni con circa 200 soldati asburgici a bordo, armati di fucili e cartucce. Furono accolti da una inaspettata scarica di fucileria proveniente dall’interno di Forte Marghera ad opera degli insorti unitisi ad una dozzina di soldati a presidio. Il sopraggiunto calare delle tenebre  e la sorpresa dovuta a quella improvvisa e sostenuta sparatoria, indusse il comandante dei soldati asburgici a ritenere che le forze nemiche fossero di gran lunga superiori alla loro reale consistenza, perciò chiese il cessate il fuoco per parlamentare.

Gli insorti nel frattempo erano riusciti a far calare il ponte levatoio si’ da permettere l’ingresso di altri cittadini mestrini accorsi in aiuto.

Svoltasi una breve trattativa tra gli ufficiali asburgici e i capi degli insorti mestrini, poche ore dopo tutti i soldati asburgici evacuarono Forte Marghera e percorrendo a piedi il ponte ferroviario fecero ritorno a Venezia presso la loro caserma ubicata presso la chiesa dei Gesuati, accompagnati da alcuni insorti che si offersero loro in ostaggio per garantirne l’incolumità.

La libertà di Mestre fu però di breve durata, il 18 giugno 1848, svoltesi da pochi giorni le elezioni per lanomina dei delegati all’Assemblea Provinciale per l’annessione al Piemonte, le truppe asburgiche riprendevano il controllo di Mestre, mettendo in atto una feroce repressione. Forte Marghera rimaneva nelle mani degli insorti che da lì potevano tenere in scacco gli austriaci.

Molti episodi di eroismo, fra i quali la celeberrima Sortita del 27 ottobre 1848 che vide la dipartita del tenente trevigiano Antonio Olivi e del barone napoletano Alessandro Poerio, permisero per poche ore la ripresa del controllo di Mestre da parte degli insorti.

Dal 4 al 26 maggio 1849, Forte Marghera fu sottoposto ad un incessante bombardamento – ben settantamila bombe caddero provocando circa cinquecento tra morti e feriti –  al punto che non potendo resistere oltre, la notte del 26 maggio 1849, gli insorti abbandonarono Forte Marghera ritirandosi sulle postazioni difensive predisposte sul tratto di laguna prospiciente.

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